E’ stato il figlio
Di Daniele Cipri
« È stato il
figlio » è il grido corale di una famiglia per sfuggire alla miseria e
continuare a galleggiare tra due acque fangose. Lo sfondo sociale colora tutte
la vicende dell’esistenza della famiglia Ciraulo : miseria,
disoccupazione, violenza, debiti, piccoli arrangiamenti con la legge ….sotto un cielo plumbeo ,
nell’afa della periferia palermitana, in un ambiente di cemento. Il quartiere
appare sull’orizzonte curvo come se questa Babele fosse al limite del mondo. Un
pianeta microcosmico dove la vita si svolge intorno alla scala o al cortile,
all’ombra degli alti muri angolosi e minacciosi che cingono la vita quotidiana.
In questo deserto senza anima, nessuna regola, nessuna morale, solo l’ossessione
di trascorrere vivi l’attimo presente.
Il primo piano si apre
sull’immagine di uomini stanchi, sudati che fanno la fila come operai che
aspettano l’apertura delle porte della ditta ogni mattina. Ma sono qui solo per
vincere una gara per campare, essere i primi a strappare dalle carcasse di navi
abbandonate i pezzi di ferraglia più pregevoli come topi che lottano per
rosicchiare le briciole sulle ossa essicate.
Nella famiglia Ciraulo,
ciascuno è un peso sulle spalle del padre che non ne può più : i vecchi genitori, la sposa lagnosa, il
figlio inutile. Unica gioia : la bambina, che sa placare il padre
massaggiandogli la schiena. Ma una pallottola vagante gli toglie questo tesoro,
che perde instantaneamente interesse per diventare sorgente di speranza e di benessere,
grazie al risarcimento dello Stato per le vittime di mafia. Il sogno del padre
si impone a tutti : una Mercedes fiammante. L’arrivo dell’automobile li
trasforma in consumatori, benestanti,. Rimborsano i debiti, comprano più e
meglio, sono fieri di essere guardati, invidiati, hanno raggiunto la posizione
di quelli che possiedono e li scimmiottano con goffaggine. Loro, piccoli
trafficanti comprano la benedizione divina, garanzia di felicità. Però, lo
specchio nuovo li rivela come miserabili ricchi.
Poi il sogno genera
conseguenze inaspettate : ozio del padre che lascia i lavoro, angoscia
anche del padre per un imminente danno sull’auto, per cui è più premuroso che
non è stato mai per la moglie o i figli. Finalmente, la macchina diventa
l’idolo per cui ci si immola. La fine tragica conferma l’assenza totale di
sentimenti, di punti di riferimento morali. L’istinto di sopravvivenza si sveglia per escogitare un piano al
prezzo del sacrificio dell’innocente. Assicurare il presente mantenendo “tutto
com’è perchè niente cambi”.
La storia, ideata da
Alajmo, denuncia l’orrore ordinario d’una popolazione dimenticata e disperata
che vaga come cani randagi , affamata e feroce.
Flory
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