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Questo blog è il frutto di un atelier di scrittura pratico e virtuale a cui partecipano gli allievi del Centre Italiance.

venerdì 7 giugno 2013

L'intervallo

L’Intervallo  di Leonardo di Costanzo

A Napoli, una casa abbandonata diventa  prigione per una giornata. Salvatore, diciassettenne,  viene  costretto dalla mafia a sorvegliare una ragazza, Veronica. Prima ostili tra loro, poco a poco la relazione si trasforma.

Tutti i due sono dipendenti di una rete che struttura la comunità, la protegge e la punisce. Le regole sono decretate dalla Camorra e ognuno deve rispettarle. Veronica le ha  infrante e per questo, deve essere sequestrata fino alla decisione presa sulla sua sorte. Salvatore, povero venditore di granite è rapito per sorvegliarla. Tutti e due  accettano con fatalità la situazione. Si  osservano e si oppongono in un luogo deserto, teatro di disperazione, ai margini della città, silenzioso, buio e inquietante, roso dalla ruggine,.

Poi dopo che ciascuno ha valutato il nemico, decidono di unirsi per  esplorare il loro territorio fino ai suoi limiti. Scendono nello scantinato dell’edificio dove l’acqua della fogna ha creato un laghetto. All’improvviso immaginano di essere navigatori verso una terra ignota. Scalano tutti i piani per sbucare sul tetto alla luce del giorno, sopra  la città brulicante e rumorosa che tanto li rassicura, quanto li minaccia. Si avventurano insieme nel giardino invaso dalle erbacce, dove riscoprono la spensieratezza dei giochi infantili: Salvatore racconta storie d’uccelli, e si abbandonna alla  pioggia  benefica; Veronica si lancia in una corsa folle, che la conduce al di là del recinto della casa. Si trova in un luogo anonimo, una strada con stabili senza anima. Non sceglie di scappare, forse perché la prigione sembra una zona più sicura o perché non vuole procurare cattive  conseguenze a Salvatore. Allora torna indietro e ritrova il ragazzo, sollevato e felice  di rivederla.
Più tardi, si separano senza uno sguardo per non tradire il loro segreto, sigillando in un  patto silenzioso quest’intervallo  di complicità.

Tutti e due, per la durata di una giornata, hanno dimenticato la loro vita di adulti. Si sono creati un altro spazio di libertà, un momento in cui il tempo si è fermato e dove gli è  concessa una parentesi di poesia e di pace. Come in un paradiso perduto, hanno assaporato l’innocenza dell’infanzia e cosi hanno ridato alla loro giovane esistenza il suo corso naturale. 

Flory


lunedì 6 maggio 2013

La Centrale Montemartini





            Nella periferia di Roma, la Centrale Montemartini è un luogo affascinante da scoprire come esempio di riconversione d’edificio di archeologia industriale. In effetti, il vecchio impianto di produzione di energia electtrica ha trovato una nuova funzione accogliendo un’ampia parte delle collezioni dell’antichità classica, conservata da tempo nelle riserve dei Musei Capitolini.

            L’esposizione permette di mettere a confronto due mondi spariti : la Roma antica e l’epoca industriale dell’Ottocento, la prima attraverso i suoi filosofi e le sue divinità, la seconda con le sue colossali macchine di metallo, lo spirito di fronte alla « bestialità umana ». I marmi delicati spiccano sulla sagoma annerita della caldaia a vapore e i corpi nudi di pietra fredda si sono sostituiti ai quelli potenti e sudati degli operai di una volta. Una sfilata  di pensatori si schiera davanti  ai quadranti ancora vibranti benché il silenzio si sia imposto al ronzio delle turbine.

            Ci si potrebbe stupire nel vedere coabitare in uno stesso luogo i fondatori della filosofia occidentale, che vivevano a un’epoca in cui il lavoro era il castigo per gli schiavi e i lavoratori della rivoluzione industriale che  speravano di liberarsi dal proprio lavoro. Le sculture, prima oggetti di devozione di dei o di uomini illustri, sono diventate opere d’arte, allorché la macchina fabbricata per contribuire al progresso dell’umanità si è rivelata strumento di sfruttamento.

            La presenza in uno stesso spazio di marmi antichi e macchine industriali cancela il tempo che li separa e innalza le ultime a livello di creazioni artistiche, che cosi diventano oggetti di  venerazione.

            Una visita da completare con una passeggiata  nel quartiere vicino della Garbatella, in cui Nanni Moretti ambienta una scena di Caro Diario.


Flory


venerdì 22 marzo 2013

Verbi infiniti e domande

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Già sono le otto, la gente si prepara ad andare lavorare
Parte cosi sempre senza prendere il tempo di mangiare
Nella metro, che fortuna, il mio vicino ha dimenticato di profumarsi
In ogni modo, siamo tutti obbligati di frequentarsi
Arriviamo in ufficio, già alle nove alcuni sono costretti ad arrabbiarsi.
È sempre colpa dell’altro scemoForse me stanno per criticare
Rifiuto di praticare
Questa lingua che non è adoperata altro che per provocare
I pettegolezzi, sono cose che dovrei sentire
Ma preferisco far finta di dormire
E di continuare a sognare
O di essere preoccupata
Del mio monitor che fa finta di non capire
E che per cominciare ci mette tempo a non finire.
E io che non avevo voglia di lavorare!
Allora guardo dalla finestra e mi metto a pensare
che la libertà è difficile a comprare
Spetta a me di afferrarla
E il più a lungo che io possa, conservarla.
Mezzogiorno, tutti: pettegole, capo, segretarie, tutti i prototipi della terra cominciano a sorridere
E smettono di piangere
All’idea di andare a mangiare,
acqua vino, cibo pepato, salato e dolce sono fatti per tutti riconciliare.
Giumelina

martedì 26 febbraio 2013

Una sfortunata esperienza culinaria

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La settimana scorsa ho fatto, per la prima volta, la torta "tiramisù" perché avevo invitato un' amica italiana. Ho scelto a caso una ricetta suinternet.
Ho comprato tutti gli ingredienti: uova, mascarpone, zucchero, savoiardi e sicuro, caffè. 
Ho cominciato con immergere i savoiardi nel cafe, poi, ho montato gli albumi a neve e li ho messi da parte...
Poi, ho mescolato i tuorli con lo zucchero. 
Ho disposto savoiardi nella ciotola, poi, ho aggiunto i tuorli con lo zucchero e ho finito la preparazione della mia torta. Ma, cosa importantissima, ho dimenticato di mettere gli albumi ma non mi sono resa conto!
I miei invitati hanno riso e, per scherzo, hanno chiamato la mia torta: il tiramigiù d' Héléne

Odore, rumore,calore e colore

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Innanzitutto, appena apro il pacchetto di caffè, lo respiro profondamente, ecco il primo piacere che continuo a godere mentre metto la dose giusta nella Bialetti per ottenere un caffè perfetto.Dopo, la Bialetti fischia come se fosse il vaporetto che attraversa il vecchio porto di Marsiglia. Ci avvisa che il caffè è pronto. Ora l’odore si diffonde nella stanza e basta servirlo nel bicchiere, perché da noi si beve in un piccolo bicchiere trasparente, per vedere il colore che segnale la forza del caffè e il calore che si materializza sopra assicura che il caffè è caldo come si deve.  All’anziana, classico, potreste dirmi di questo caffè. A Marsiglia abbiamo ancora 2 modi tipici di migliorarlo: 
Il caffè veneziano : mettere il primo getto del caffè, che è più nero, in una tazza e sbattere velocemente, come se fosse una frittata, con 2 cucchiaini di zucchero semolato fino ad ottenere una schiuma, questa crema serve a zuccherare il caffè. Oppure zuccherare il caffè con qualche goccia di sciroppo di orzata (mandorla) What else? Mi dispiace Georges, ma con la nespresso: primo non ritrovo l’espresso che si beve al bar in Itali, e secondo non c’è un tipo di caffè che assomiglia alla moka che mi piace.
Giumelina 

La pizza “Nata per unire »

Visto che so di che sa la vera pizza non riesco più a mangiarla al ristorante, è sempre oggetto di litigio : non ci sono i pomodori, non è cotta, il formaggioè  finto, l’olio di… ? e che ne so...
La pizza è sinonimo di libertà e piacere.
Il mercoledì mattino, proponevo alla nonna di andare a comprare la pasta non cotta di un valore uguale a una “baguette” dal panifico.
Allora ero esonerata dal catechismo per fare la pizza con lei. Inoltre, mio padre pensava che fosse peccato stare rinchiusa in una chiesa con un sole cosi'… 
Già non ero pronta a credere a tutto ciò che un uomo raccontava, anche se era uomo di chiesa.
Ci siamo: la nonna distendeva la pasta sulla placca da forno e aggiungeva le fette di pomodori maturi che avevano finito di arrossire nel cortile sotto il sole marsigliese di luglio, metteva da una parte le acciughe  dell’altra il formaggio grattugiato, poi aglio, olive, origano e irrorava con olio di oliva. Al forno caldissimo per 20 minuti... croccante e profumata.
Giumelina 

mercoledì 13 febbraio 2013

Che Storia!

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Sabato faccio shoping tra i depositi/vendite in via “cherche midi”.
Dopo aver cercato il buon affare tra i cinque depositi della via, entro nel bar in cui ho l’abitudine di mangiare un sandwich al paté del sud ovest buonissimo.
Dalla finestra seguo con lo sguardo uno che entra ed esce da una bellissima casa di fronte al bar. 
Mi accorgo che il tipo non è altro che Gérard Depardieu. 
Finisce per entrare nel bar. 
Si siede al bancone accanto a me (non c’è più posto libero) e senza che lui ordini niente il cameriere gli serve un gran bicchiere di rosé, un cliente abituale, ovviamente, abita di fronte al bar.
Anche se non hè il mio  idolo, è sempre strano vedere dal vivo uno che conosciamo, soltanto attraverso i film.
Sembra pensieroso.
 Mi guarda e mi dice dandomi del tu:
“Mi puoi dare una mano, non so ancora per quale affare, ma lo sento.”
Riesco a dire:
“io, ma…”
m’interrompe:
“Sai recitare come un professionista? Ho una parte appunto per te “
Provo a rispondere:
“io, ma…”
Prosegue:
“Vuoi comprare una casa nei dintorni?
Continua senz’aspettare la mia risposta perché la mia faccia sbalordita risponde per me.
“allora fammi un piacere,”
Sul banco è disposta una rivista “géo” aperta su un mappamondo.
“metti un dito senza guardare sulla mappa, a caso” mi chiede senz’aspettare il mio consento.
Questo lo posso fare perché non ho bisogna di parlare, allora pongo il mio dito senza sapere perché e senza riflettere sulle conseguenze.
Poi, guarda la mappa, il mio dito su un paese preciso.
Alza la testa e dice per lui stesso, “Russia, perché no?”
Senza ringraziarmi, né pagare la bevanda, esce dal bar bruscamente, inforca il suo scooter parcheggiato davanti all’ingresso del bar e fila.
Ora so che tutto è colpa mia. 
Mi perdonerà?
Giumelina